tempi ed immagini del territorio
I tempi del territorio
Immagini del territorio
Un territorio poroso





Il Salento: Quadro strutturale Il Salento: Tendenze delle geografie insediative

Il Salento: Quadro strutturale e Tendenze delle geografie insediative.
Immagini tratte dalla ricerca del DICOTER-Ministero LLPP, ITATEN, Immagini delle trasformazioni degli assetti del territorio nazionale - Puglia, gruppo di lavoro del Politecnico di Bari, coordinato da D. Borri






la raggiera












le corde












le quadre
i tempi del territorio

Carattere specifico di un piano territoriale e, più in generale, di ogni piano di area vasta, ciò che a prima vista lo differenzia da altri strumenti di pianificazione, è lo sguardo di insieme che esso rivolge ai caratteri più stabili del territorio, alle sue modificazioni lente e di lungo periodo e, al contempo, ai fenomeni innovativi connessi al costituirsi di nuovi paesaggi che si sovrappongono o si sostituiscono rapidamente ai paesaggi del passato. Non solo ai paesaggi fisici, ma anche ed in primo luogo a quelli sociali, economici ed istituzionali.
L’osservazione di un “doppio tempo”, del tempo lungo e delle modifiche improvvise e rapide, è il vero problema teorico e pratico che la costruzione del piano propone. La recente “svolta pragmatista” e le ragioni che l’hanno determinata e ne hanno prodotto una interpretazione spesso banalizzante hanno in molti casi indotto a sottovalutare i problemi che il tempo propone o ad interpretarli in modi assai tradizionali; come se i piani di area vasta dovessero avere al proprio centro una riflessione sugli aspetti strutturali e di lungo periodo di un territorio, mentre piani, programmi e progetti relativi a territori più ristretti, a singoli luoghi, dovessero essere più aperti e disponibili all’evento imprevisto ed imprevedibile.

In realtà tempo lungo e tempo breve non sono disposti linearmente lungo l’asse della storia e nello spazio del territorio; frequenti sono le interruzioni brusche, i punti di contatto e di sfrido tra cose che si muovono a velocità diverse. Talvolta riconosciamo enclaves temporali che si rappresentano entro uno spazio definito; più spesso incrociamo frammenti appartenenti a temi e tempi diversi, luoghi in attesa di adeguarsi a qualcosa di nuovo e non ancora precisamente definito; i processi di accumulazione selettiva appaiono avvenire in modi meno ordinati di quanto li facciano le ricostruzioni storiche successive.
Indagare spazi e tempi del territorio attraverso la lettura del persistere e del permanere dei manufatti è operazione che la scala territoriale consente di compiere in modo forse esemplare. Lo studio delle immagini di un territorio che ciascun soggetto sociale fa proprie e nelle quali si riconosce, lo studio dei sistemi insediativi, dei caratteri della popolazione e delle sue attività rende conto dei diversi tempi del territorio; delle innovazioni che si sono prodotte, delle inerzie e del mutare lento di cose, pratiche, economie.

Questo punto di vista osserva e costruisce diversamente dal passato le relazioni tra i livelli della pianificazione. I piani, come le azioni delle diverse amministrazioni, non si dispongono entro una successione temporale lineare, prima il piano regionale, poi quelli provinciali, poi quelli comunali ed i loro piani di attuazione. Le diverse politiche si sviluppano a più livelli simultaneamente, di continuo interferendo l’una con l’altra, costruendo ciascuna per l’altra un insieme di vincoli, ma anche di suggestioni e sollecitazioni.

Ne deriva qualcosa di importante sul terreno della stessa “forma” dei piani, dei modi nei quali i loro principali enunciati sono formati, composti ed utilizzati. Il passaggio da una scala di pianificazione all’altra, ad esempio dalla scala regionale, alla scala provinciale ed a quella comunale, non può corrispondere al passaggio da indicazioni vaghe a prescrizioni vincolanti e precise e neppure ad un percorso attraverso settori di competenza, attraverso “poteri” tra di loro separati e distinti. Ogni piano costruisce, a partire dai caratteri specifici del territorio investito e dalle immagini del suo futuro coltivate dalla popolazione che lo abita, una propria strategia, ogni piano “attraversa le scale”, configurandosi simultaneamente come indirizzo e come prescrizione, non investendo in modo omogeneo un territorio i connotati principali del quale sono eterogenei e stabilendo con altri piani, di scala superiore ed inferiore e con le loro strategie punti di contatto, di accordo o di potenziale disaccordo e conflitto, cercando di far divenire il primo occasione per realizzazioni rapide ed efficaci ed i secondi luoghi di dialogo e di interazione fra idee, soggetti, amministrazioni diverse.

Detto in altri termini il piano, ad ogni scala, non tende in primo luogo a definire ambiti di potere, chi può fare che cosa ed a quali condizioni, quanto piuttosto a delineare strategie che possano essere condivise. Al centro della riflessione di un piano siffatto vi sono gli immaginari individuali e collettivi più che le domande che ne sono conseguenza, vi sono temi costruiti dagli stessi immaginari e dal loro incontro con la storia e le condizioni del territorio, vi sono scenari di mondi possibili dei quali siano state attentamente valutate le conseguenze, vi sono infine importanti riflessioni sulle dimensioni del piano, sulle sue dimensioni temporale e strategiche, sull’ordinamento cioè nel tempo delle sue principali azioni; sulle sue dimensioni quantitative, sul suo dimensionamento in termini fisici ed economici; sulle sue dimensioni normative, sull’insieme cioé di indirizzi, vincoli e consigli tramite i quali il piano contribuisce a definire i comportamenti dei diversi soggetti individuali e collettivi.






i pendoli












le lenticchie









le ecologie
immagini del territorio

Alcune immagini spaziali hanno costruito fortemente nel passato l’interpretazione del territorio della provincia di Lecce. Alcune di queste, più stabili e durature, possono essere richiamate brevemente.
L’immagine, ad esempio, di una raggiera di strade convergente sul capoluogo, quella di un insieme di corde trasversali che attraversano il Salento a varie latitudini intersecate da due princiali strade longitudinali; l’immagine di un insieme di quadre o quella, ad essa parallela, della triangolazione messapica, di una rete che irrighi l’intero territorio salentino, quella dei “pendoli”, di strade che colleghino i centri interni alla costa e questa alla rete interna longitudinale, esse hanno costruito altrettante immagini del funzionamento reale o possibile del territorio salentino.
Un territorio che non è attraversato da grandi infrastrutture e per questo viene immaginato spesso come posto al margine, che mantiene la “porosità” di un tessuto non fortemente gerarchizzato. Composto da un insieme diffuso di centri urbani, ha, non solo nell’immaginario collettivo, una struttura “lenticolare”, assomiglia ad un arcipelago di isole ciascuna con una propria autonomia ed una propria storia, costantemente alla ricerca di una propria identità. E’ anche un territorio nel quale è possibile riconosce differenti “ecologie”, differenti rapporti cioé tra la società, i modi di abitare ed i caratteri specifici dei luoghi. La stessa struttura produttiva ed i suoi recenti sviluppi, il formarsi di distretti o, comunque, di aree di relativa specializzazione, accentuano questa immagine che anche la localizzazione di attrezzature pubbliche, scolastiche, sportive ed ospedaliere, contribuisce a rafforzare.
Un territorio lontano, luogo estremo lanciato nell’oriente mediterraneo (o, di contro, la più occidentale delle terre orientali), punta del tacco dello stivale, territorio a cul de sac, dove finiscono le strade, dove le reti e l’infrastrutturazione si assottigliano e si fermano. Un’immagine, questa ed una condizione che hanno fortemente caratterizzato la natura del paesaggio salentino e la storia della sua umanizzazione, ove il confine, alla luce di un pensiero meridiano, non è il luogo dove il mondo finisce, ma dove i diversi si toccano.
Si potrebbe provare a rileggere questa posizione lontana come una peculiarità, una ricchezza da tutelare, si potrebbe “ri-guardare i luoghi, nel duplice senso di aver riguardo per loro e tornare a guardarli” (Cassano, 1996).
Queste ed altre immagini del territorio salentino hanno differenti matrici storiche ed hanno compiuto diversi percorsi evolutivi; nel tempo si sono modificate, si sono ridotte ed impoverite od ulteriormente articolate. Esse propongono al piano anche differenti problemi; facendo riferimento a risorse fortemente differenziate, propongono anche differenti progetti possibili.
Il piano territoriale provinciale deve tornare a riflettere su queste ed altre immagini ed in particolare sulle differenti “ecologie” che nel territorio leccese possono essere riconosciute e sul modo nel quale esse articolano un’armatura urbana, la fitta trama di piccoli, medi e grandi centri che connota questo territorio. La città capoluogo ed i fenomeni di suburbanizzazione nelle aree circostanti; la polverizzazione dei centri attorno a Maglie; la barriera delle serre, la parte meno abitata del Salento; i centri grossi ed isolati del basso Salento occidentale: in ognuna di queste aree l’insediamento è cresciuto con modalità diverse, stabilendo differenti relazioni con le risorse naturali, dando luogo a differenti economie ed organizzazioni sociali. Tra ecologie e sistemi produttivi locali intercorre qualche somiglianza, forse anche più di un elemento di trasversalità.

Muovendosi tra queste numerose immagini, tra le loro sovrapposizioni e composizioni, il piano territoriale dovrà stimolare un processo di continua rilettura del territorio, riconoscendo il permanere di forme organizzative (dell’abitare, del produrre, dello scambio) adeguatamente rappresentate dalle immagini più frequentate, ma avendo anche il coraggio di proporne di nuove nelle quali si rappresentino le aspirazioni e le potenzialità di questo stesso territorio.







Un territorio poroso

1 - la rete stradale
2 - le quadre
3 - i pendoli
4 - la triangolazione messapica
5 - maglia messapica e pendoli