Carattere specifico di un piano territoriale e, più in generale, di ogni piano di area vasta, ciò che a prima vista lo differenzia da altri strumenti di pianificazione, è lo sguardo di insieme che esso rivolge ai caratteri più stabili del territorio, alle sue modificazioni lente e di lungo periodo e, al contempo, ai fenomeni innovativi connessi al costituirsi di nuovi paesaggi che si sovrappongono o si sostituiscono rapidamente ai paesaggi del passato. Non solo ai paesaggi fisici, ma anche ed in primo luogo a quelli sociali, economici ed istituzionali.
Alcune immagini spaziali hanno costruito fortemente nel passato l’interpretazione del territorio della provincia di Lecce. Alcune di queste, più stabili e durature, possono essere richiamate brevemente.
L’immagine, ad esempio, di una raggiera di strade convergente sul capoluogo, quella di un insieme di corde trasversali che attraversano il Salento a varie latitudini intersecate da due princiali strade longitudinali; l’immagine di un insieme di quadre o quella, ad essa parallela, della triangolazione messapica, di una rete che irrighi l’intero territorio salentino, quella dei “pendoli”, di strade che colleghino i centri interni alla costa e questa alla rete interna longitudinale, esse hanno costruito altrettante immagini del funzionamento reale o possibile del territorio salentino. Un territorio che non è attraversato da grandi infrastrutture e per questo viene immaginato spesso come posto al margine, che mantiene la “porosità” di un tessuto non fortemente gerarchizzato. Composto da un insieme diffuso di centri urbani, ha, non solo nell’immaginario collettivo, una struttura “lenticolare”, assomiglia ad un arcipelago di isole ciascuna con una propria autonomia ed una propria storia, costantemente alla ricerca di una propria identità. Un territorio lontano, luogo estremo lanciato nell’oriente mediterraneo (o, di contro, la più occidentale delle terre orientali), punta del tacco dello stivale, territorio a cul de sac, dove finiscono le strade, dove le reti e l’infrastrutturazione si assottigliano e si fermano. Un’immagine, questa ed una condizione che hanno fortemente caratterizzato la natura del paesaggio salentino e la storia della sua umanizzazione, ove il confine, alla luce di un pensiero meridiano, non è il luogo dove il mondo finisce, ma dove i diversi si toccano.
Si potrebbe provare a rileggere questa posizione lontana come una peculiarità, una ricchezza da tutelare, si potrebbe “ri-guardare i luoghi, nel duplice senso di aver riguardo per loro e tornare a guardarli” (Cassano, 1996).
Queste ed altre immagini del territorio salentino hanno differenti matrici storiche ed hanno compiuto diversi percorsi evolutivi; nel tempo si sono modificate, si sono ridotte ed impoverite od ulteriormente articolate. Esse propongono al piano anche differenti problemi; facendo riferimento a risorse fortemente differenziate, propongono anche differenti progetti possibili. Muovendosi tra queste numerose immagini, tra le loro sovrapposizioni e composizioni, il piano territoriale dovrà stimolare un processo di continua rilettura del territorio, riconoscendo il permanere di forme organizzative (dell’abitare, del produrre, dello scambio) adeguatamente rappresentate dalle immagini più frequentate, ma avendo anche il coraggio di proporne di nuove nelle quali si rappresentino le aspirazioni e le potenzialità di questo stesso territorio.
Lo studio delle relazioni tra localismo ed integrazione urbana e regionale, il riconoscimento di specificità locali e di reti di connessioni di scala vasta costituiscono alcuni tra i principali temi che qualsivoglia politica e piano debbono oggi affrontare, non solo nel territorio della provincia di Lecce.